Crederci fino in fondo

Dopo la maratona di Berlino, in cui ho corso in 2 ore 58 minuti e 41 secondi ho deciso di recuperare con qualche gara più corta. Era da 10 anni che non correvo una 10 km, non amo molto questa distanza, troppo veloce, troppo esplosiva. Però avevo voglia di fare una fatica diversa, meno prolungata, più breve.
La maratona è una gara lunga, che richiede pazienza, in cui la costanza è la parola chiave per poterla portare a termine. La fatica piano piano si fa spazio dentro di te e poco alla volta si fonde con te.

Mi piace molto questa sensazione, sentire i muscoli gonfiarsi, bruciare sempre di più ad ogni passo. La testa che ti incita, provando con ogni genere di strategie a portarti a superare le crisi. La regola dei micro obiettivi è una di queste: i primi cinque chilometri sono la prima meta, per poi andare ai successivi. Bisogna portare rispetto alla maratona,42km e 195 metri, il percorso per correrli parte mesi prima. E’ molto lungo e racchiude gioia e sacrifici.Però ogni volta che si percorrono gli ultimi metri, l’emozione che si prova è talmente intensa e profonda che ti ripaga di ogni gocciolina di sudore.

I 10 km è tutta un’altra storia. Parti forte e cerchi di andare in progressione e chiudere ancora più veloce. Alla Corri Bicocca, mi sono presentata senza alcun obiettivo, volevo provare a stare intorno ai 40 minuti. Sono partita a 3,50 e subito ho pensato che sarebbe stato uno sbaglio. Ho diminuito l’andatura nei chilometri successivi per evitare di saltare. A metà il ritmo era ottimo, e non sentivo fatica. Ho pensato che se fossi rimasta a quella andatura avrei fatto il mio personale. Le tante curve si sono fatte sentire all’ottavo chilometro ma ho cercato di tenere, sapevo che dopo solo due chilometri sarei arrivata. Ho concluso in 38 minuti e 49 secondi, con volata finale. Sono contenta, tutti i chilometri percorsi per preparare la maratona mi hanno dato la tenuta e la consapevolezza che non avrei mollato.

La gara di Lodi, sempre sui 10 km è passata ancora più veloce, ricordo che ad un certo punto, al sesto chilometro, ho pensato: “ma come sono arrivata fino a qui?”. Gli ultimi quattro chilometri sono volati e passando il centro di Lodi, sono arrivata sotto lo striscione dell’arrivo terza assoluta, facendo un nuovo personale di 4 secondi in meno.
Il lunedì successivo alle gare, di solito, recupero con una corsa lenta di 10 km, per sciogliere le gambe. Mentre correvo ho deciso che una mezza maratona poteva essere l’ultima gara dell’anno. Toccava solo sceglierla. Ho guardato il calendario e Crema poteva fare al caso mio, non volevo aspettare molto. Mancavano quindici giorni e sentivo che potevo andare forte. Bastava inserire qualche lavoro specifico e un lungo variato. Purtroppo il giovedì di quella settimana mi ha colpito un’influenza gastrointestinale che mi ha messo ko. Per quattro giorni non sono riuscita a correre per dolori addominali fortissimi. Solo il mercoledì antecedente la gara ho provato a correre, ma mi sentivo debole. Fino al venerdì compreso ero indecisa se partecipare o meno alla gara di Crema. Poi il sabato quando mi sono svegliata, mi sono guardata allo specchio e ho pensato che ci avrei provato, che l’indomani sarei andata sulla linea di partenza. Così è stato.
Domenica 13 novembre, partenza 9,40, dopo l’inno di Mameli, allo sparo mi lancio verso questi ventun chilometri. Ci credevo fermamente che avrei potuto andare forte, nonostante lo stop della settimana prima. Dopo queste quattro maratone in un anno, ho maturato una resistenza alla fatica continua, non mi spaventa più, vado avanti avendo chiaro l’obiettivo e se la stanchezza si fa strada dentro di me l’accetto e la trasformo in forza.
I passaggi ad ogni chilometro erano perfetti, poco meno di 4′. Non mi faccio più ingannare dal GPS guardo solo il tempo reale. Al quindicesimo mi affianca un organizzatore in bicicletta che mi dice che sono sesta, la prima delle “umane”!
Non ci potevo credere! Affronto con grinta l’ultimo cavalcavia al diciannovesimo: “dai Ivi  che ne mancano solo due!”. Inganno la mente dicendo che il ventesimo è l’ultimo di sofferenza poi il ventunesimo è di pura gioia in mezzo alla gente che ti incita. Sapevo che all’arrivo avrei sentito le urla di Marcello e questa immagine mi ha portato a spingere ancora di più. Sorrido alla felicità tagliando il traguardo sesta assoluta, prima di categoria valevole come campionato regionale, con il tempo di 1 ora 24 minuti e 22 secondi. 
Ora correrò qualche campestre per divertirmi, poi mi butterò nel 2023 con tanti sogni da raggiungere!
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