Firenze chiama. Ivana risponde.

Sette giorni e si va. Firenze si avvicina sempre di più ed io mi sento sospesa in quel limbo di sensazioni che iniziano a manifestarsi man mano che l’ora “X” si staglia all’orizzonte. 

Questa volta mi sono trovata ad affrontare questa maratona con sole 6 settimane di preparazione. Poco tempo per approcciare una competizione da cui manco da diverso tempo e che impone allenamenti profondamente diversi rispetto a quelli che ho svolto per la Run Everesting – basati su un altro tipo di ritmo rispetto a quello che dovrei tenere nella maratona. Si tratta di due sport completamente diversi e il mio fisico lo sa. Perciò, Firenze, rappresenta una sfida che va oltre il mio piccolo grande sogno di battere il mio crono personale sui 42 km; si tratta di portare a termine una gara molto dura, solo poco tempo dopo un’impresa molto impegnativa.

A questo punto non mi rimane che osservare da dentro quella che è la mia condizione fisica e mentale per capire quanto sono pronta per questo appuntamento.

Partiamo dalle gambe. Le mie fidate leve sono in buone condizioni, uno degli ultimi lunghi che ho affrontato (34 km), mi ha fatto capire che la fase di preparazione – al netto dei miei impegni lavorativi e di alcuni ostacoli dell’ultimo mese – è stata eseguita con il giusto approccio ed equilibrio. Dal test del 10 ottobre sostenuto con il mio coach Fabio Vedana la situazione fisica è certamente migliorata e da questo punto di vista non posso rimproverarmi nulla. 

Ora è tempo di ascoltare cosa dice la parte superiore del mio corpo. Un respiro profondo scandisce i momenti in cui decido di controllare e ordinare, in un pensiero razionale, quelle che sono le emozioni che straripano dal mio cuore in momenti come questo. Non è semplice frenare quella che è la mia indole agonistica, la quale mi spinge verso la volontà di migliorare il mio personal best sulla distanza regina delle corse. Eppure, devo in qualche modo razionalizzare questo obiettivo. Si, perchè se le mie gambe sono in salute, nelle ultime settimane ho dovuto combattere contro una fastidiosissima influenza, che si è messa di traverso, aggiungendosi alle difficoltà incontrate nella tempistica molto ristretta della preparazione fisica. Ma le sfide sono il mio pane quotidiano; ed è per questo che Firenze rappresenta il giusto stimolo per andare ancora una volta oltre il proprio limite. 

Il percorso sarà abbastanza impegnativo, l’altimetria subirà delle variazioni significative e la competitività rappresenterà una scossa in più che mi permetterà di dare il meglio di me; sperando di far registrare – anche in questa edizione, sulla scia dei risultati degli ultimi anni – un’alta percentuale di atleti, che riescano completare la maratona, abbassando il numero dei ritiri all’interno della gara. Inoltre, la maratona Firenze, si configura all’interno del palcoscenico internazionale, pensate che l’anno scorso sono state rappresentate 84 nazioni, una vero e proprio trionfo dello sport. 

Nella mia testa c’è tanta determinazione, ma anche una buona dose di consapevolezza dei miei mezzi fisici, la quale è maturata con il tempo e anche con gli errori commessi durante il mio cammino di runner. Probabilmente, quest’ultimo aspetto mi sta consentendo di gestire quella che viene definita come “ansia da prestazione”, la quale spesso gioca brutti scherzi ai giovani o a chi ha un bagaglio di esperienza ancora troppo leggero per poterla controllare prima della gara. Il risultato sportivo rappresenta uno stimolo, la chiave per accendere la motivazione per migliorarsi ogni giorno; di certo non lo si deve configurare nell’ottica di un’ossessione morbosa e logorante, la quale finisce quasi sempre per tagliare qualsiasi velleità sportiva. 

Con questa consapevolezza, mi concentro sul mio obiettivo, ma, soprattutto, focalizzo la mia attenzione su ciò che conta veramente: la gioia di poter correre con il sorriso.

Firenze, sono pronta!

Ivy

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